Nikos Kazantzakis
da Odissea
La morte di Odisseo
 Ritto sull’albero di mezzo, tra grappoli d’uva riccia,
 il grande Viaggiatore ascoltava il canto del ritorno;
 chiare e vuote le sue pupille, il cuore più leggero –
 la vita e la morte un canto, e l’uccello è la nostra mente.
 Si guarda intorno, muove le mani, stringe piano i denti,
 affonda le mani tra i fichi, le melagrane e l’uva,
 e intorno ai suoi lombi si rinfrescano i dodici dèi.
 Il corpo intero del grande Giramondo si trasforma
 in bruma,
 la sua goletta di neve, gli amici, i frutti e la memoria
 oscillano lentamente come nebbia sul mare, svaniscono
 come rugiada.
 Si dissolve la carne, si offusca lo sguardo, più non batte
 il cuore;
 e la grande mente balza sulla vetta del suo sacro riscatto,
 un palpito di ali vuote, e Odisseo, eretto nel vento,
 si leva in volo, libero dall’ultima gabbia: la sua libertà.
 Come nebbia ogni cosa si dissolve, e solamente un grido
 sulle acque calme color notte sta sospeso per un istante:
 “Orza, ragazzi, a prora soffia la dolce brezza della morte!”.
Traduzione di Nicola Crocetti
 Poesia n. 257 Febbraio 2011
 I sette pilastri della grecità
 a cura di Ezio Savino
 Fondazione Poesia 2011
 
      
