Patrick Kavanagh

Avvento Troppo abbiamo provato e potuto, amore –
per larga cruna non passa stupore.
Ma qui nella stanza buia dell’Avvento
dove il pane nero e il tè amaro
della penitenza evocheranno il lusso
dell’infanzia, renderemo al Giudizio
il sapere di cui fummo ladri, non maestri.

E la novità che in ogni vecchia cosa
vedevamo bambini: la meraviglia
folgorante in una nera collina dell’Ulster
o lo stupore profetico nel discorso tedioso
di un vecchio stolto si risveglieranno per noi e porteranno
te e me al cancello del cortile a guardare i ginestroni
e i pantani, le strade, le vecchie stalle dove incomincia il Tempo.

Oh dopo Natale non ci sarà bisogno che cerchiamo
la differenza che fa bruciare una vecchia parola –
la sentiremo nelle sospirate ragioni di un movimento
o nelle vie dove sbandano i ragazzi del paese.

E la sentiremo anche nella dignità degli uomini
che scaricano lo sterco sotto gli alberi del giardino,
ovunque la vita sia normalmente abbondante.
Non saremo ricchi, amore mio, e volendo
Dio non chiederemo il pagamento della ragione,
il perché dell’estraneità struggente delle siepi piegate
né analizzeremo il respiro di Dio in un’affermazione normale.
Abbiamo gettato nella spazzatura le monete di fango
che ripagavano il piacere la conoscenza e il sentimento –
E Cristo viene con un fiore di gennaio.

Traduzione di Nicola Gardini
Poesia n. 142 settembre 2000
Patrick Kavanagh. Il mito dell’Irlanda
a cura di Nicola Gardini     

 

 


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