Tino Villanueva

Così parlò Penelope

Questo è il palazzo dove ho imparato a sopravvivere
dove due anni or sono strinsi tra le braccia Odisseo,
il vigoroso figlio di Laerte, un’ultima volta,
e fu un unico lungo abbraccio, quanto bastò
a plasmare un solo battito, un cuore solo, prima che lui
partisse per Troia.

Questo è il palazzo che percorro in tondo,
di sala in sala, un mondo, il mio, di pietra e di legno.
Questa è la stanza dove lavoro la lana
e discuto a fondo nel mio intimo,
dove ancora sveglia balzo e giro,
che misuro a gran passi a metà della notte,
convincendo me stessa una volta ancora
che l’idea terrena dell’amore è tuttora vita-sangue del mio
corpo.

Questo è il palazzo dove porto la corona della fede allo
sposo,
dove la voce del mare è la voce stessa del mio pensare.
Così, se sto ad una finestra ad aspettare ogni volta
il profilo di una nave che mi venga incontro,
che altro è questo se non il mio amore,
la passione che il tempo accresce per Odisseo,
lo sposo d’un sol cuore, dalla mente astuta, che sto ad
aspettare.

Così parlò Penelope, quando si svegliò al mattino;
quando la veste d’oro dell’aurora sorse
dal mare. Traduzione di Paola Mildonian

Poesia n. 337 Maggio 2018
Tino Villanueva. Penelope e il suo poeta
a cura di Paola Mildonian

 

 

 

 


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