Osip Mandel’stam

99.

Della sterile e tetra vita veneziana
m’è chiaro il senso.
Ecco che guarda con un frigido sorriso
dal decrepito vetro azzurro.

L’aria tersa della pelle. Le venature azzurre.
La candida neve. Il verde broccato.
Si viene tutti distesi su lettighe di cipresso,
assonnati, caldi si viene tratti dal sudario.

E ardono, ardono nei canestri le candele,
come se una colomba fosse entrata nell’arca.
A teatro e in oziosa pubblica assemblea
un uomo sta morendo.

Poiché non v’è scampo dall’amore e dalla paura:
è più greve del platino l’anello di Saturno!
Di nero velluto è parato il patibolo
e il viso meraviglioso.

Sono grevi, o Venezia, i tuoi paramenti,
gli specchi nelle cornici di cipresso.
Sfaccettata la tua aria. Nell’alcova si sciolgono i monti
di decrepito azzurro.

Solo tra le dita una rosa o un’ampolla,
o verde Adriatico, perdona!
Perché mai taci, dimmi, o veneziana,
come sfuggire a questa morte festosa?

Tremola nello specchio il Vespro nero.
Tutto passa. La verità è oscura.
L’uomo nasce. La perla muore.
E Susanna deve attendere i vecchioni. 1920Traduzione di Gario Zappi

Poesia n. 344 Gennaio 2019
Osip Mandel’stam. Sussurri e grida dal Gulag
a cura di Gario Zappi


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