Adam Zagajewski

Il faggio

Che le tue ricerche interminabili,
i tuoi sogni della vampa, del grande fuoco,
del momento in cui si schiuderà l’occhio dell’azzurro,
non siano che un’illusione, un trompe-l’œil in più,
una chimera come tante altre?

Sei nelle Planty di Cracovia,
ti stai avvicinando al castello dove abitano
re, sogni e sciocche colombe.
Vedi un magnifico faggio che è sprofondato
senza scampo nell’autismo autunnale.
I rami come ragnatela fanno da sipario alle torri della
cattedrale,
la vecchia campana dorme il sonno dei giusti.

La pioggia leggera ha in sé un pizzico d’ironia
come un commento dotto a un testo sacro.
È risaputo che in questo quartiere finanche i bambini
parlano piano, come se temessero qualcosa –
e il Battifredo del Ladro, solido e massiccio, ricorda
l’inevitabile scherno del mondo.

È forse vero, forse questa non è che una chimera,
un inganno della mente,
nient’altro che una specie di pio raggiro?
Ma se questa vampa non c’è,
allora non c’è niente, assolutamente niente,
non c’è che la ricerca, il silenzio e la notte,
e la scura infinità della pioggia.

Traduzione di Marco Bruno

Poesia n. 310 Dicembre 2015
Adam Zagajewski. L’inventario e l’enigma
A cura di Valerio Cuccaroni

 

 

 

 


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