Maria Grazia Calandrone
Poesia-sudario per Genova
14 agosto 2018
 Il sudario si chiama sudario
 perché assorbe gli umori
 dei morti. Viene deposto
 sul volto, per nascondere allo sguardo dei vivi
 il lavorio della morte
 nei lineamenti amati, le enfiagioni
 e lo scavo finale, la riduzione all’osso, che riporta
 la materia conclusa di un corpo nel non finito dell’altra
 materia, all’indistinto delle zolle e degli astri.
 Il sudario è deposto per pudore
 sul volto, perché quel volto smetta di finire
 sotto i nostri occhi. Così vorrei
 che le parole, poiché non possono asciugare davvero
 neanche una goccia
 del vostro sangue, ricordassero almeno
 la vita, il celeste profondo
 o la rosa canina fra i paranchi
 che vi ha fatto sorridere
 per la sua ostinazione di essere viva
 nel cantiere perpetuo del porto
 luminoso di sole morente
 o l’altro sole, la grandezza radiale dell’alba
 sollevata tra guizzi di reale come un rinascimento.
 Mondo contemporaneo, che vai a morire
 tra i gabbiani delle periferie,
 sotto la rotazione della via lattea come una verde
 insonnia dell’universo
 che non ci guarda, mondo che sei questo infinito esistere
 che non contempla
 i mortali, senza nome e cognome torneremo cose
 tra le cose, senza involucri e senza nostalgia
 ritorneremo
 all’indifferenziato delle stelle. Ma adesso, adesso
 che siamo vivi 
Roma, 15 agosto 2018
 
 da Poesia n. 341 Ottobre 2018 
 
      
