Czeslaw Milosz

Consigli Se fossi al posto dei giovani poeti
(un alto posto, checché ne pensi la generazione)
preferirei non dire che la terra è il sogno di un folle,
una favola stolta, tutta rumore e furia. È vero, non m’è riuscito di assistere al trionfo
della giustizia.
Labbra innocenti non reclamano nulla.
E chi sa se un buffone incoronato,
urlando con il calice in mano che un dio lo favorisce
per i tanti e tanti da lui decapitati, avvelenati, resi ciechi
non intenerirebbe gli astanti: che egli è così mite. Dio non moltiplica le pecore e i cammelli dei virtuosi
e nulla toglie per assassinio e spergiuro.
Per tanto tempo s’è nascosto, che svanì il ricordo,
quando apparve
nel cespuglio di fuoco e nel petto di un giovane ebreo,
pronto a soffrire per tutti coloro che furono e saranno. Non è certo che Ananke attenda la sua ora
per ripagare, com’è dovuto, intemperanza e orgoglio. L’uomo è stato convinto
che se vive, è solo per grazia dei potenti.
Dunque si curi di bere caffè e cacciare farfalle.
A chi ama la Res Publica taglieranno una mano. E tuttavia, seppur non grande, la Terra merita affetto.
Non che io prenda troppo sul serio i conforti della natura,
le sue attrezzature barocche, la Luna, le nuvole paffute
(sebbene sia una bella stagione, quando i pruni
fioriscono sulla Wilia).
No, consiglierei persino – via dalla natura,
dalle ostinate immagini di uno spazio infinito,
di un tempo infinito – dalle lumache avvelenate
sul sentiero in giardino, come nostri eserciti. C’è tanta morte; e quindi affetto
per trecce, gonne colorate al vento,
barchettine di carta che non sono
più durature di noi… Montgeron, 1959
Traduzione di Valeria Rossella
  Poesia n. 100 Novembre 1996
Czeslaw Milosz. La terra senza grammatica
a cura di Valeria Rossella  

 

 

 


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